Transizione Ecologica e Giustizia Sociale sono una necessità globale, ma chi ne paga davvero i costi? Il Green Deal Europeo, considerato una pietra miliare nella lotta al cambiamento climatico, cela una realtà meno “verde” di quanto sembri. Mentre l’Europa punta a diventare il primo continente a emissioni zero, comunità e territori periferici come i Balcani pagano un prezzo altissimo. Proponiamo un articolo molto interessante da Medico.de
Un’ambizione verde, ma a quale costo?
L’obiettivo dichiarato dell’Unione Europea è ambizioso: diventare climaticamente neutrale entro il 2050. Con il Green Deal Europeo, l’UE intende combinare crescita economica e sostenibilità ambientale, facendo leva su misure che trasformano settori chiave come energia, trasporti e industria. Tuttavia, dietro a questa visione ottimistica si nasconde un problema sistemico: il costo della transizione ecologica non è equamente distribuito.
Secondo Svjetlana Nedimović, attivista e redattrice del magazine Riječ i djelo, la transizione ecologica europea avviene spesso sulle spalle delle periferie, come il Sud Globale e i Balcani. Queste aree, caratterizzate da fragili strutture politiche e da alti livelli di corruzione, sono diventate obiettivi strategici per l’estrazione di risorse necessarie al “green shift”.
Transizione Ecologica e Giustizia Sociale: il ruolo critico delle materie prime
Un esempio lampante è il Critical Raw Materials Act (CRMA), parte del Green Deal Europeo, che mira a garantire un accesso sicuro alle risorse essenziali per la transizione verde, come il litio, il rame e il cobalto. Queste materie prime sono fondamentali per l’elettrificazione dei trasporti e la decarbonizzazione dell’industria.
Attualmente, la maggior parte delle materie prime strategiche è importata da fuori Europa, con il litio proveniente per il 97% dalla Cina. Per ridurre la dipendenza esterna, l’UE prevede di aumentare del 10% l’estrazione interna entro il 2030, promuovendo anche il riciclo. Ma questo significa davvero ridurre l’impatto globale? Non necessariamente.
Il CRMA non stabilisce limiti chiari al consumo complessivo di risorse: l’obiettivo primario sembra essere una diversificazione delle forniture, non una reale riduzione della domanda di materie prime.
I Balcani: una “miniera” per l’Europa
I Balcani, e in particolare paesi come Bosnia-Erzegovina e Serbia, sono diventati un campo di battaglia per la corsa alle risorse. Qui sono presenti enormi giacimenti di litio, zinco, rame e argento, che attraggono grandi compagnie minerarie come l’australiana Rio Tinto e la britannica Adriatic Metals.
La Bosnia-Erzegovina, ad esempio, viene sfruttata per i suoi ricchi giacimenti minerari, ma la maggior parte dei profitti va agli investitori internazionali. Svjetlana Nedimović descrive questa situazione con una frase amara ma illuminante: “Siamo da decenni una miniera per l’Europa.”
Nonostante le promesse di sviluppo economico, i vantaggi per le comunità locali sono minimi: le concessioni sono basse, le tasse societarie ridotte e le condizioni di lavoro precarie. Nel frattempo, i territori si impoveriscono, sia economicamente che ecologicamente.
L’impatto devastante del mining
I costi del mining non si limitano al Sud Globale: anche in Europa, soprattutto nelle sue periferie, il prezzo è altissimo. In Bosnia, l’espansione dell’industria mineraria è associata a:
- Inquinamento delle acque e del suolo
- Perdita di biodiversità
- Aumento delle malattie, come il cancro, nelle comunità locali.
Ad esempio, in Bosnia-Erzegovina, dove l’industria del carbone domina da decenni, la mortalità dovuta all’inquinamento atmosferico è la quinta più alta al mondo, con circa 3.300 morti premature ogni anno. La transizione verde dell’UE rischia di amplificare queste disuguaglianze, senza risolverle.
Transizione Ecologica e Giustizia Sociale: un “green mining” è possibile?
L’UE sostiene che il proprio approccio minerario sarà diverso, con standard ambientali più alti rispetto a quelli di altri paesi come la Cina. Tuttavia, questa narrazione è messa in dubbio da numerosi rapporti, che dimostrano come in realtà i progetti minerari in Europa non siano così “puliti”.
Inoltre, il CRMA prevede procedure di autorizzazione più rapide, che spesso impediscono valutazioni ambientali approfondite. Questo aumenta il rischio che gli interessi economici prevalgano sulle esigenze ambientali e sociali.
Resistenza locale e solidarietà transnazionale
Nonostante le difficoltà, cresce la resistenza contro l’espansione mineraria. In Serbia, ad esempio, le manifestazioni contro il progetto di Rio Tinto hanno portato alla sospensione del progetto. In Bosnia-Erzegovina, le proteste sono più frammentate, ma iniziano a emergere soprattutto nelle comunità agricole, dove il mining minaccia la sopravvivenza economica.
Il movimento Zbor, ispirato alla tradizione partigiana jugoslava, si batte per una transizione ecologica che tenga conto di giustizia sociale e solidarietà globale. Il suo appello è chiaro: non si può parlare di transizione verde senza affrontare l’immenso consumo di risorse dell’Europa.
Conclusioni: quale futuro per la giustizia sociale nella transizione ecologica?
Se vogliamo una vera transizione ecologica, dobbiamo fare i conti con un’inevitabile verità: non basta investire in tecnologie verdi; è necessario ridurre il consumo complessivo di risorse e garantire giustizia sociale a livello globale.
La transizione ecologica e la giustizia sociale devono andare di pari passo. Questo significa non solo ridistribuire i costi della transizione, ma anche ascoltare e supportare le comunità che subiscono le conseguenze dello sfruttamento delle risorse.
La domanda fondamentale resta: siamo pronti a ripensare il nostro modello di sviluppo per rendere la transizione davvero equa per tutti?