Negli ultimi mesi si parla sempre più spesso della necessità, per la Germania, di prepararsi seriamente a scenari di guerra. Comandanti militari, politici e persino enti governativi insistono su un cambio di mentalità generale. Ma cosa vuol dire tutto questo per il futuro del paese e per chi ci vive? German Foreign Policy analizza i punti chiave di questa emergente “strategia di resilienza nazionale”.
La guerra non è più solo una questione militare
Secondo molti comandanti della Bundeswehr, non basta più che la sicurezza sia delegata alla polizia o alle forze armate. Come afferma il generale Christian Badia, vice comandante dell’Allied Command Transformation della NATO:
“La difesa e la resilienza devono essere compiti per tutta la società.”
Badia sottolinea come le nostre società debbano essere pronte a sopravvivere a “shock strategici”, come blackout prolungati o attacchi informatici. L’Ucraina è vista come un esempio da seguire: la popolazione, nonostante la guerra, ha dimostrato un forte spirito di autodifesa e resistenza.
“Un chiaro spirito di autodifesa è fondamentale,” aggiunge il generale.
“La fase di attacco è già in corso”
Le dichiarazioni del capitano Michael Giss, comandante del comando regionale del Baden-Württemberg, gettano luce su un quadro inquietante. Secondo lui, la Germania è già sotto attacco, anche se in modi meno evidenti.
“Stiamo vivendo una fase di attacco da parte della Russia, che si manifesta ogni giorno attraverso cyberattacchi, sabotaggi e spionaggio.”
Giss descrive un nemico che esplora le vulnerabilità del paese: ponti autostradali, centrali elettriche e altre infrastrutture critiche. Questi attacchi “invisibili” sono il preludio, secondo lui, a una prossima ondata di aggressioni.
Cosa aspettarsi in caso di guerra: il realismo dei comandanti
In un’ipotetica guerra contro la Russia, Giss dipinge uno scenario chiaro e concreto:
“Quando la NATO si muove, 800.000 soldati bloccheranno le strade tedesche. Questo non durerà un giorno, ma settimane o mesi.”
La popolazione, dice Giss, deve essere preparata a sacrifici e limitazioni. Ad esempio:
- Ospedali civili potrebbero dare priorità ai soldati gravemente feriti, mentre casi meno urgenti – come appendiciti – verranno trattati successivamente.
- Ogni cittadino dovrebbe iniziare a prepararsi autonomamente, accumulando riserve di acqua e cibo per le emergenze.
Ritorno ai rifugi: il piano per i bunker
L’idea che la Germania possa essere direttamente colpita da attacchi militari non è più considerata impossibile. Lo conferma il colonnello Axel Schneider, comandante del comando regionale dello Schleswig-Holstein, che ha chiesto una “più chiara comunicazione con la popolazione”.
Ad oggi, dei 2.000 rifugi antiaerei pubblici un tempo esistenti, ne sono utilizzabili solo 579, capaci di proteggere circa 500.000 persone. Troppo pochi, considerando la popolazione tedesca. Per questo motivo, è in sviluppo una “Bunker-App” che permetterà di localizzare facilmente i rifugi più vicini – a patto che Internet sia ancora funzionante.
“È fondamentale che le persone siano in grado di sopravvivere per tre giorni senza aiuto,” sottolinea Schneider.
Un cambio di mentalità necessario?
Mentre i comandanti militari richiedono preparativi concreti, alcuni politici spingono per misure ancora più drastiche. Roderich Kiesewetter, esperto di affari esteri della CDU, sostiene che:
“La Russia non sta più conducendo solo una guerra di informazione, ma è già in una fase di attacco preliminare.”
Kiesewetter critica le risposte tedesche alla minaccia russa, che non sfruttano pienamente le possibilità offerte dall’articolo 4 del Trattato NATO né considerano la proclamazione dello “stato di tensione” – una misura che permetterebbe interventi statali più incisivi in caso di crisi.
Cosa significa tutto questo per i cittadini?
Le richieste dei comandanti e dei politici convergono su un punto: la Germania deve essere pronta a tutto, e la popolazione deve cambiare mentalità. Ciò significa:
- Adottare un approccio più proattivo alla sicurezza.
- Prepararsi psicologicamente e materialmente a restrizioni e sacrifici in caso di guerra.
- Sostenere uno “spirito di autodifesa” collettivo.
Siamo pronti a cambiare il nostro modo di pensare per affrontare queste nuove sfide? Oppure rischiamo di sottovalutare i segnali di allarme che i nostri leader stanno lanciando?
Questo cambio di approccio – dalla resilienza personale ai piani per i rifugi – riflette un’evoluzione delle priorità nazionali, influenzata dall’attuale contesto geopolitico. La domanda, però, resta: questa trasformazione sarà accolta dai cittadini o incontrerà resistenza?
Tu cosa ne pensi? È giusto prepararsi in questo modo, o stiamo andando troppo oltre? Scrivilo nei commenti!