Nel complesso scenario economico europeo, una vicenda poco conosciuta ma estremamente significativa riguarda come la Germania abbia deliberatamente alterato gli equilibri economici dell’Unione Monetaria Europea attraverso una strategia di moderazione salariale aggressiva. Heiner Flassbeck risponde alla presa di posizione con la quale Hans Werner Sinn in un podcast insieme a Daniel Stelter

Tutto nasce da un podcast in cui Hans-Werner Sinn viene interrogato su una tesi importante: la Germania avrebbe dovuto rinunciare a inseguire una continua competitività per consentire agli altri paesi europei di migliorare la propria situazione economica.
La risposta di Sinn è rivelatrice. Egli sostiene che la Germania non ha abbassato i prezzi nei primi anni dell’euro, mentre gli altri paesi hanno subito un’inflazione massiccia. Ma questa argomentazione è profondamente fallace.

Il punto cruciale è che non era necessario che i prezzi tedeschi scendessero in termini assoluti. Era sufficiente che i salari e i prezzi crescessero meno rispetto agli altri paesi, creando di fatto un meccanismo di dumping salariale. Le statistiche sono chiare: fino al 2007, la Germania aveva stabilito un divario nei costi del lavoro per unità di prodotto rispetto alla Francia pari al 15%, rappresentando un enorme vantaggio competitivo.
Un altro aspetto centrale riguarda l’obiettivo di inflazione della Banca Centrale Europea. Sinn ha più volte sostenuto che questo obiettivo fosse vicino allo zero, ma si tratta di un’affermazione del tutto infondata. Sin dall’inizio, la BCE mirava a un’inflazione del 2%, obiettivo che è stato chiarito definitivamente già nel 2003.
La strategia del governo tedesco, guidato da Gerhard Schröder all’inizio degli anni 2000, è stata quella di esercitare una pressione politica massiccia sui partner sociali per contenere i salari. Questa manovra ha generato enormi avanzi nelle partite correnti che hanno squilibrato profondamente l’economia europea.

È importante sottolineare che non sono solo i tedeschi ad aver commesso errori. Paesi come Italia, Spagna e Grecia hanno consentito che i salari aumentassero oltre il tasso di inflazione obiettivo. Tuttavia, la Germania è stata indiscutibilmente il principale “peccatore” nel primo decennio dell’euro.
Questa vicenda rappresenta un monito cruciale: le politiche economiche nazionali non hanno conseguenze solo locali, ma sistemiche, capaci di alterare gli equilibri di un’intera unione monetaria.