Giovani italiani in Germania: tra sogni, sacrifici e realtà

C’è un filo invisibile che collega tanti giovani italiani in Germania: il desiderio di un futuro migliore. E spesso, questo filo li porta lontano. Tra le destinazioni più gettonate? La Germania.

Ma cosa spinge davvero un giovane a lasciare l’Italia per trasferirsi a Berlino, Lipsia o Monaco? Sono solo gli stipendi più alti, oppure c’è qualcosa di più profondo? Per rispondere, partiamo da una storia vera: quella di una coppia di giovani youtuber piemontesi che ha deciso di ricominciare da zero a Lipsia.

giovani italiani in germania

Il grande salto: quando l’Italia ti spinge a partire

Loro sono una coppia di ragazzi originari del Piemonte, con un figlio piccolo e una vita che, a un certo punto, sembrava bloccata. Laureati, pieni di voglia di fare, ma senza prospettive concrete. In Italia, per trovare lavoro, spesso non basta essere bravi: serve conoscere le persone giuste. E quando ti senti rispondere che “si assume per simpatia”, qualcosa dentro si rompe.

Non si parte per capriccio, si parte per necessità. In Piemonte, nonostante la presenza di grandi aziende come Ferrero, Lavazza e Intesa San Paolo, la realtà per i giovani è ben diversa da quella che raccontano le statistiche. La torta è grande, certo, ma non tutti riescono a prenderne una fetta.

Lui frequentava corsi di formazione nel settore gastronomico, ma quando chiedeva consiglio agli insegnanti, la risposta era sempre la stessa: “Andate all’estero”. Nemmeno un incoraggiamento a provarci in Italia. Segnale forte, no?

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La Germania: tra aspettative e realtà

Così, con tanti dubbi e altrettante speranze, hanno fatto le valigie e sono partiti per Lipsia. Una città che non è tra le più blasonate della Germania, ma che ha offerto loro ciò che l’Italia negava: opportunità.

Eppure, il trasferimento non è stato una passeggiata. Nuova lingua, nuove regole, nuove difficoltà.

“Non è vero che in Germania si trova lavoro in un attimo. Ma se hai voglia di fare, se sei determinato, puoi costruirti qualcosa.”

E così hanno fatto. Lui ha trovato un impiego con orari umani: 28 ore e mezza a settimana, stipendio base, ma tempo per la famiglia. In Italia, per guadagnare la stessa cifra, avrebbe dovuto lavorare almeno 40 ore. Lei, dopo un’esperienza lavorativa pesante e stressante, si è ritrovata disoccupata. Ma invece di vederlo come un fallimento, lo ha interpretato come un’occasione per ricominciare.

“In Italia ho avuto un contratto rinnovato mese per mese. Qui, per la prima volta, ho avuto sicurezza lavorativa. E questo cambia tutto.”

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Il lato oscuro dell’emigrazione

Ma attenzione: non tutto è rose e fiori.

C’è la distanza dagli affetti, la difficoltà di sentirsi veramente “a casa”. C’è la burocrazia tedesca, la rigidità di un sistema che a volte sembra non lasciare spazio alla flessibilità. E c’è la nostalgia, quella che non ti molla mai.

Lei lo dice chiaramente: “A me l’Italia manca. Manca la lingua, il cibo, gli amici. Non è facile.”

Eppure, quando hanno provato a pensare di tornare, si sono trovati di fronte alla realtà: lavoro stabile in Piemonte? Impossibile trovarlo. Biella, la loro città d’origine, è passata da 50.000 abitanti negli anni ’90 a 42.000 oggi. Le fabbriche chiudono, le opportunità si riducono, il futuro sembra sempre più incerto.

“Se in Piemonte il lavoro ci fosse, ci torneremmo domani. Ma non c’è.”

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E adesso? Il sogno svizzero

Dopo alcuni anni in Germania, la loro storia ha preso una nuova piega: la Svizzera. Una terra di mezzo tra l’Italia e la Germania, con stipendi più alti e la possibilità di essere più vicini alla famiglia. Ma anche qui, non tutto è garantito: lui sarà disoccupato per un periodo, lei dovrà reinventarsi.

“Sappiamo che la Svizzera non è il paradiso, ma vogliamo provarci. Almeno saremo più vicini all’Italia.”

E questa voglia di tentare, di cambiare, di non fermarsi mai, è ciò che li rende diversi. Perché in fondo, l’emigrazione non è solo una questione economica, è un atto di coraggio.

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Critiche, pregiudizi e verità

Non tutti capiscono. Molti li criticano, li giudicano, li accusano di “scappare”.

“Ma davvero pensate che ci divertiamo a essere lontani da casa, dalla nostra lingua, dalle nostre famiglie?”

La verità è che chi se ne va, lo fa spesso per necessità, non per scelta. E quando qualcuno prova a cambiare la propria vita, spesso viene osteggiato, criticato, visto con diffidenza.

Ma la mentalità deve cambiare. Perché in altri paesi, tentare e fallire non è una vergogna, è un modo per crescere.

E allora, che senso ha restare fermi solo per paura di sbagliare?

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L’Italia può fare di più?

La storia di questi giovani youtuber piemontesi a Lipsia non è unica. Decine di migliaia di ragazzi ogni anno fanno lo stesso percorso. E il problema non è solo economico.

L’Italia potrebbe fare di più per i suoi giovani? Certo. Il lavoro non deve essere un privilegio per pochi “amici di”, ma una possibilità per chiunque abbia talento e voglia di fare. Fino a quel momento, la Germania (e ora la Svizzera) continueranno ad accogliere chi, in Italia, non trova spazio.

Ma ricordiamoci una cosa: chi parte non è un traditore. Chi parte, spesso, lo fa per sopravvivere.

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